mercoledì 23 luglio 2008
OMICIDIO BASILE/CONSEGUENZA DELLA MANCANZA DI TRASPARENZA NELLE ISTITUZIONI COPERTA DA MOLTI POLITICI INCAPACI,RICATTATI O COLLUSI
domenica 1 giugno 2008
Alfano e Napolitano, se avete le mani legate o avete paura, dimettetevi
Al bando la retorica e le ipocrisie dalle cerimonie del 2 Giugno: piuttosto concreti ed immediati interventi per impedire che la velleità di alcuni giudici trasformi il nostro Stato in
Giustizia/Cossiga: Alfano, attento che ti arrestano la moglie...
Giustizia/Di Napoli: Il Ministro Alfano rischia che qualche giudice lo dichiari fallito insieme a sua moglie per vendere i suoi beni…
Sfugge al Presidente Francesco Cossiga[1] che il Ministro della Giustizia, sua moglie ed i suoi parenti corrono rischi ancora più gravi dell’arresto. Rischiano di essere dichiarati falliti. Dagli arresti, si è passati, ormai alle sentenze di fallimento ed alla vendita dei loro beni. Pur di intimidire avversari e contestatori. Mentre il Presidente della Repubblica continua a tacere. Come tacque – in buona fede e per errore, secondo quanto ha successivamente sostenuto e gli abbiamo creduto - per i carri armati del
Tornando ai rischi evocati dal Presidente Cossiga. E’ realistico pensare che il neo Ministro della Giustizia on. Angelino Alfano non rischi, solo, l'arresto della moglie. Che, essendo arbitrario, ovviamente, sarebbe annullato dopo qualche giorno dal Tribunale del riesame o dalla Cassazione. E non consentirebbe di far conseguire i risultati probabilmente voluti da qualcuno. Il Ministro Alfano rischia, essendo ancora in circolazione una squadraccia non ignota al Presidente della Repubblica, al Ministero della Giustizia, alla Procura Generale della Suprema Corte ed agli ispettori ministeriali – fortunatamente sparuta, ma dotata di solide protezioni assicurate, probabilmente anche da qualche occulto potere forte - di magistrati frustrati, disonesti e deliranti che vendano i suoi beni o quelli di qualche parente, usando i timbri dell’ufficio giudiziario e dichiarandoli falliti. E’ accaduto in Puglia . Si è, perfino verificato, che un Magistrato del Tribunale di Lecce, tal Massimo Orlando, abbia, prima minacciato di farlo trovare con la mano stesa fuori alla porta della Chiesa e poi confezionato crediti falsi in danno dello stesso cittadino che gli aveva notificato un precetto cambiario intimandogli il pagamento, dopo essersi rifiutato di soprassedere al protesto, come gli aveva chiesto minacciosamente, sempre il citato giudice . Presiede, tuttora, la sezione del Tribunale in cui “opera” Orlando, il dott. Pasquale Marco Esposito, padre dell’avv. Antonio Esposito al quale la sezione presieduta dal padre affidava incarichi di ausiliare fallimentare. Ci sorprende che il Presidente Cossiga non sia aggiornato sugli ultimi mezzi di punizione che certi magistrati usano “per dare una lezione” contro i contestatori, gli innovatori e contro chi denuncia gli scheletri che alcuni di loro, sebbene siano magistrati, hanno negli armadi. Alle ordinanze di custodia cautelare ed agli arresti hanno sostituito, come misure “preventive” o di “correzione”, le sentenze di fallimento, arma ben più efficace dell’arresto che qualche collega-magistrato “traditore e pavido”, insensibile alla “deontologia della casta”, potrebbe revocare. Poiché "non si fidano di molti colleghi” che potrebbero, quindi, annullare le misure degli arresti in pochi giorni, hanno "rivalutato" le misure di correzione dei golpisti. Attuate attraverso la pronuncia di sentenze di fallimento degli antagonisti, addirittura, spesso, creditori di quanti fanno, falsamente, risultare creditori nonostante non abbiano alcuna ragione di credito (sic.!!!) per privarli dei loro beni ed annientarli con le loro famiglie. E la successiva studiata assegnazione delle cause ai "giudici affidabili e preparati" nonché la strumentale composizione dei collegi giudicanti in barba al principio costituzionale della precostituzione del giudice per pilotare i processi e rigettare le opposizioni alle sentenze di fallimento artatamente e pretestuosamente pronunciate. Ecco, così, ritornati, i Tribunali Speciali e la confisca dei beni che i dittatori hanno sempre usato per distruggere chi li contestava. Mentre il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il Procuratore Generale presso
Se non potete – e non ce lo auguriamo - promuovere immediatamente la radiazione dalla Magistratura dei personaggi citati che velleitariamente vorrebbero introdurre i Tribunali Speciali e la misura della confisca dei beni dei contestatori, così calpestando i principi dello Stato Democratico, abbiate il buon gusto di evitare di parlare di Tricolore, di Repubblica, di vittime per la conquista della democrazia e la tutela della legalità Martiri ed il coraggio dell’unico gesto che saremmo costretti a chiedervi: di D I M E T T E R V I.
Luigi Di Napoli, Presidente del Movimento Giuristi Democratici
3470028816
luigidinapoli.blogspot.com
[1] "Sono molto affezionato al giovane ministro della Giustizia Angelino Alfano, figlio di un democristiano e da ragazzo democristiano lui stesso. Ha fatto bene a dichiarare che non ci sarà nessuna riforma dell’ordinamento della magistratura, perché altrimenti si sarebbe ritrovato la moglie arrestata prima ancora che giurasse al Quirinale". Lo afferma il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
"Alfano - spiega Cossiga - ha detto che nulla vi è nel programma, ma anche se vi fosse ci penserebbero i non pochi seguaci di Alfredo Rocco, grande Guardasigilli di Benito Mussolini, a impedire che si renda attuale in Italia la parità tra accusa e difesa e la effettiva terzietà del giudice nell’unico modo possibile e proprio di tutti gli ordinamenti occidentali, cioè con la divisione tra Pm e giudici".
"Il mio consiglio ad Alfano - dice l’ex capo dello Stato - è di introdurre subito l’unico provvedimento che la gran parte dei magistrati (per fortuna non tutti) considerano essenziale per
"Avanti tutta - dice ancora Cossiga - che forse riusciremo a introdurre il principio proprio dei regimi autoritari e dell’inquisizione cattolica e calvinista: quello della presunzione di colpevolezza. Forza Angelino che ce la fai! E se mi dai retta, trasferisci subito la residenza di tua moglie a Roma per sottrarla alla competenza della Procura di Palermo".
domenica 20 aprile 2008
COME IMPEDIRE I PROCESSI PILOTATI E TRUCCATI
e con la sanzione di nullità
Gli arbìtri e gli abusi che spesso appaiono come veri e propri tentativi golpisti di una grigia cordata di magistrati frustrati che si coprono l’un l’altro, reclamano misure ben più energiche ed appropriate della pur necessaria separazione delle carriere e personalità diverse da avvocati che possano essere condizionati dalla preoccupazione di dover esercitare nuovamente la professione al termine del mandato ministeriale o da magistrati che non avrebbero la sufficiente autonomia dall’ordine di appartenenza e dallo spirito di casta e colleganza. Tra i nomi che circolano, il più adatto, anche perchè non é né avvocato né magistrato, é quello del sen. Roberto Castelli. Che, però, dovrebbe includere tra i Suoi consiglieri ed esperti anche chi, si perdoni la presunzione e l’autocandidatura, come il sottoscritto, é stato processato ed assolto ventisei volte “perché il fatto non sussiste”, tratto agli arresti domiciliari per ben due volte per oltraggio a magistrato in udienza ed a pubblici ufficiali, ha rinunciato per ben due volte alla prescrizione ed all’amnistia in processi conclusi, sempre, con la formula più ampia di assoluzione. Ritengo che si potrebbero sbugiardare - come neppure il Presidente Berlusconi ed il sen. Castelli hanno, finora fatto, perché, probabilmente non immaginano che certe toghe sporche possano essere giunte a fare quanto appresso accennerò - quei magistrati che ancora tentano di scrivere commedie sull’inattuato principio della precostituzione del giudice naturale, omettendo di dire che la violazione di tale principio non é, in realtà, sanzionata, per cui il capo dell’ufficio può pilotare i procedimenti ed i processi a suo piacimento, assegnandoli ai colleghi che ritiene “più affidabili” e che possono garantirgli il risultato voluto, magari per favorire gli amici o gli amici degli amici. Ma vi é di più. Si é giunti al punto di processare, come é capitato a chi scrive, addirittura per interruzione di pubblico servizio, chi, presentando un ricorso per ricusazione del Giudice che non ritiene quello naturale, pretende di farsi giudicare da quello previsto dalle tabelle approvate dal CSM. Anche tale processo si é, ovviamente, concluso con un’assoluzione e con l’immagine di un’intimidazione rivolta al sottoscritto che aveva osato contestare con la ricusazione i criteri di assegnazione dei procedimenti. Senza dire, poi, che alcuni magistrati hanno escogitato misure ancora più pericolose ed “efficaci” degli arresti per bloccare gli antagonisti ed i contestatori. Sono le vendite dei beni e le sentenze di fallimento emesse, addirittura contro persone che risultano creditori di coloro i quali hanno presentato le istanze di fallimento. Sono tornati, insomma i Tibunali Speciali e le confische dei beni degli avversari, misure che i regimi totalitari e le dittature hanno usato ed usano per sopravvivere e puntellarsi. Di tutto questo posso fornire ampie prove. Le esperienze e le indagini da me effettuate sono a disposizione del nuovo Presidente del Consiglio e del nuovo Ministro della Giustizia, sicuro che dinanzi a tale mole di arbitri, documentalmente provati, si eviterebbe di intralciare una seria riforma della Giustizia anche da parte dei Magistrati più seri e che non usano la giurisdizione per interessi privati o per fare mercato. Il sen. Castelli ha, certamente buona volontà, ma non deve credere che la sua riforma é efficace solo perché molti magistrati fingono di criticarla. La sua riforma, per quanto sopra dedotto, deve essere integrata con norme che, concretamente, vietino ai capi degli uffici di assegnare a piacimento i procedimenti e prevedano sanzioni di nullità per le violazioni. Solo così si potrà evitare che i processi vengano pilotati e che
Per evitare, poi, che vengano usate come spauracchio le sentenze di fallimento, é urgente riformare in modo serio la legge fallimentare, prevedendo che la sentenza di fallimento possa essere pronunciata solo se l’istante il fallimento prova che il suo credito é stato accertato attraverso un provvedimento giurisdizionale definitivo e se ha provato, sempre con un titolo certo e definitivo, che il patrimonio del debitore non é capiente.
Luigi Di Napoli, presidente del Movimento Giuristi Democratici
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